Convegno

LA SCUOLA DISEGNA IL FUTURO convegno
Esperienze di pedagogia attiva e didattica laboratoriale

 

         

venerdì 6 ottobre 2017
Padova, Centro San Gaetano, Auditorium, via Altinate 71

 

Interventi dei relatori (abstract, slides, video)

LAURA DONÀ
Dirigente USR Veneto
Progettare il successo formativo (slides)

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Cosa significa progettare il successo formativo nella scuola italiana e nel territorio regionale del Veneto?
Nella scuola il successo formativo rimanda all’idea di un servizio scolastico attento alle esigenze degli studenti in grado di individuare un’offerta formativa calibrata, in coerenza e raccordo con il contesto sociale e associativo del territorio. Implica l’avere consapevolezza che le esperienze di insegnamento-apprendimento  prevedano momenti di lavoro interattivo con gli alunni o meglio che sia posto al centro lo studente. Non va sottovalutata anche la dimensione motivazionale che garantisce interesse verso l’apprendere e che incrementa la riuscita nelle attività scolastiche
Il presente contributo vuole tratteggiare le ragioni sottese a garantire nella scuola il successo formativo che in generale rimanda all’idea di un servizio scolastico attento alle esigenze dei bambini, ragazzi, studenti; in grado di individuare un’offerta formativa calibrata sui gruppi e sui soggetti, in coerenza e raccordo con il contesto sociale e associativo del territorio.
Questa impostazione richiede un continuo sforzo da parte della comunità scolastica interna (dirigenti,docenti,ATA) nell’ideare percorsi di arricchimento formativo e nel dotarsi di ambienti di apprendimento efficaci e innovativi, meglio se adottati dalla maggioranza dei docenti.
Lavorare per il successo degli esiti scolastici, come impostato nel SNV, implica l’avere consapevolezza che le esperienze di insegnamento-apprendimento occorre prevedano momenti di lavoro interattivo con gli alunni o meglio che sia posto al centro lo studente che impara e non solo le proposte del docente sui contenuti del sapere. Occorre prevedere rilevazioni strutturate per favorire la conoscenza di ogni alunno, delle principali caratteristiche di funzionamento cognitivo e relazionale per meglio raccordare le proposte didattiche agli stili di apprendimento. Non va sottovalutata anche la dimensione motivazionale che garantisce interesse e curiosità verso l’apprendere e che incrementa, sostiene la riuscita nelle attività scolastiche.
Tra le didattiche innovative degli anni 2000 impostate sul lavoro per competenze, riprese nella L.107/2015, si ritrovano: la didattica laboratoriale, il cooperative learning, la flipped classroom, il peer tutoring, il CLIL, il service learning.
In Veneto l’attenzione a dotarsi di tali metodologie è  in incremento in tutte le province venete,  proprio per intervenire sul contrasto alla dispersione scolastica mediante percorsi didattici motivanti, non è casuale se recentemente ci si è avvicinati al benchmark europeo di un tasso intorno al 10% di abbandoni scolastici.
In questa giornata potremo conoscere da vicino un’esperienza didattica emblematica che utilizza la didattica laboratoriale come preminente, a testimonianza del valore che assume il far lavorare direttamente gli allievi con stimoli coinvolgenti e linguaggi diversificati. Questa progettualità è particolarmente interessante perché utilizza un modello misto: attività curricolari e di ampliamento dell’offerta formativa, utilizzo di esperti esterni in compresenza con i docenti, centratura sulla dimensione orientativa per sostenere la costruzione delle identità e la consapevolezza di sé nel futuro.
L’utilizzo della parternship con la Fondazione San Zeno ha permesso di introdurre variabili che arricchiscono la struttura ordinamentale della scuola primaria e secondaria di 1^ grado permettendo una reale pratica d’aula innovativa, un sostegno al lavoro dei docenti e, non secondario, la valutazione del percorso e degli esiti con un ente esterno, pertanto in forma non autoreferenziale ma di attenzione ai cambiamenti posti in essere.
Questa esperienza si colloca come una pratica replicabile anche in altri Istituti scolastici e per questo significativa e utilizzabile.
Infine sembra opportuno richiamare gli aspetti sottesi al progettare percorsi finalizzati al successo poiché occorre avere obiettivi adeguati alla realtà contestuale, prevedere tappe successive in cui trovare piccoli successi successivi, evitare l’eccessiva padronanza immediata che non aiuta a consolidare sicurezza e traguardi stabili. Tutti questi ingredienti permettono di trovare compimento in questo tipo di pratiche con l’auspicio che si possano diffondere su tutto il territorio veneto e italiano come un ulteriore volano di crescita per l’intero sistema.

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DOMENICO CHIESA
Insegnante, Cidi (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti)
Come rendere la scuola un tempo pieno di vita? (slides)

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Con la scuola le bambine e i bambini costruiscono il primo patto da cittadini: “noi adulti ci impegniamo ad accompagnarli nell’acquisire le chiavi che permetteranno loro di accedere al sapere costruito dalle generazioni che li hanno preceduto. Potranno essere più liberi, autonomi, consapevole e responsabili delle loro scelte e delle azioni per costruire il loro futuro”.
Nell’intervento si riflette sulla centralità della scuola nell’esperienza di vita dei bambini e dei ragazzi e sul come sostenere il processo di innovazione in grado di potenziarla e renderla realmente inclusiva. Si ragiona su come si possa costruire la “comunità operosa” che permetta il coinvolgimento affettivo, emotivo e cognitivo dell’allievo (e dell’insegnante).
Ci si addentra nelle azioni specifiche del fare scuola: valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni, attuare interventi adeguati alle diversità, favorire l’esplorazione e la scoperta, incoraggiare l’apprendimento collaborativo, promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere, realizzare le attività didattiche in forma di laboratorio, orientare come parte integrante dei curricoli di studio sin dalla scuola dell’infanzia
Il fare scuola entra nella vita quotidiana dei soggetti e nell’attualità del mondo.
La vita quotidiana dei soggetti e l’attualità del mondo vivono a scuola, luogo della riflessione e della cittadinanza responsabile.

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IRENE GROSSI, Dirigente Scuola Capofila Rete “Disegnare Il Futuro”
SUSANNA ZAGO, Insegnante coordinatrice Progetto “Disegnare il futuro – I care”
Perché disegnare il futuro? (slides 1 e 2)

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Il Progetto “Disegnare il futuro-I Care” nasce dalla considerazione di un’urgenza sociale che è la prevenzione e la lotta alla dispersione scolastica.  La sperimentazione triennale è pensata come percorso di ricerca-azione didattica sulla base di un modello organizzativo a progressione crescente : 8 Istituti del I ciclo in Rete, 9 le classi iniziali, poi 18 e, nel corrente anno scolastico, 27 (12 della Scuola Primaria e 15 della Secondaria di I grado), per un totale di circa 550 alunni e oltre 60 docenti coinvolti. L’obiettivo è promuovere la motivazione all’impegno e lo stare bene a scuola. Lo strumento è generare un processo di profonda innovazione attraverso la pratica della didattica laboratoriale.
I docenti partecipano a percorsi di formazione che investono sia l’ambito didattico-metodologico che quello comunicativo/relazionale (gestione del gruppo e collaborazione con i colleghi).
Il team degli insegnanti progetta Unità di Apprendimento e coinvolge, nella loro attuazione, atelieristi esterni che, attraverso la pratica laboratoriale, supportano i docenti nel percorso di innovazione metodologica e coinvolgono attivamente gli alunni rendendoli protagonisti  dell’imparare facendo. La sperimentazione è resa possibile dall’impegno finanziario della Fondazione San Zeno, da sempre attenta e sensibile alle priorità che non sono solo scolastiche ma sociali, che crede fortemente nel cambiamento profondo del modo di fare scuola per assicurare il successo formativo.
Il monitoraggio del Modello è affidato all’Istituto Italiano di Valutazione di Milano che elabora i dati raccolti, ex ante ed ex post, attraverso la rilevazione delle dimensioni significative del Progetto, sia nelle classi sperimentali che nelle rispettive classi di controllo. I risultati che  emergono nella sezione degli Esiti dei percorsi e che riguardano il piano didattico, psicopedagogico ed il benessere percepito, sono incoraggianti. 

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Michele Aiello e Stefano Collizzolli
Documentaristi Associazione Zalab
Dentro e fuori la classe: un’osmosi obbligata (slides)

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Qual è il punto di vista dell’educatore esterno alla scuola? Quali sono alcuni degli esempi virtuosi di cooperazione tra insegnanti ed educatori? Come evitare che le esperienze laboratoriali si perdano quando l’educatore esterno lascia la scuola? M. Aiello e S. Collizzolli hanno documentato molti progetti di didattica attiva su tutto il territorio nazionale. È una didattica dove non si fa una distinzione netta tra materie classiche e vita reale, perché “il mondo e’ tutto unito, non e’ che ci sono pezzi che parlano solo di scienze, storia o geografia, e’ tutto un malloppo riunito”, come dicono i bambini nel documentario Radio Freccia Azzurra, la radio dei bambini e delle bambine (Radio Tre, TreSoldi, 2016). La didattica attiva è intesa come “Fuori Classe”, ossia fuori da un approccio frontale. In queste esperienze è facile incontrare bambini che trattano di temi filosofici o di questioni sociali, che esplorano boschi o che insegnano a loro volta ad altri adulti. Per chi fa educazione attiva, queste esperienze fanno parte di una normalità. Per chi non le ha mai sperimentate, queste attività possono spaventare o spaesare.
M. Aiello e S. Collizzolli si muovono tra diverse esperienze per raccontare la magia e le criticità di alcune esperienze. Da una parte, è indubbio che, soprattutto nei laboratori più interessanti, l’atelierista concorra alla formazione didattica ed emotiva dei bambini. Dall’altra, è laddove l’insegnante riesce a cooperare con l’atelierista, e a potenziare il suo lavoro una volta che egli lascia la scuola, che avvengono i risultati più sorprendenti. Solo l’insegnante, infatti, può fare in modo che un atelier diventi parte della “normalità” della classe e non sia estemporaneo.
L’atelier porta sempre un valore aggiunto all’interno della classe: i ragazzi riconoscono la professionalità adulta in una forma di eccellenza che non possono avere gli insegnanti; l’atelierista ha un’autorevolezza che non ha bisogno dei canoni formali messi in atto dall’insegnante; inoltre, l’atelierista legge e osserva in modo non valutante, legge più facilmente i talenti, rivela le potenzialità dei singoli e dà loro spazio.
Cosa succede però quando l’esperto termina il suo intervento? Come fare per sfruttare le potenzialità dei laboratori oltre e dopo la partenza dell’atelierista e delle sue competenze?
I progetti documentati abbracciano la cultura del fare, del sentire, dell’uso del corpo, dei sensi e del pensiero, veicolano la cultura dei linguaggi artistici; sono progetti che accettano il rischio della sperimentazione, la cultura di saper affrontare le incertezze e i rischi che vengono affrontati attraverso il fare pensato. Fare scuola “Fuori Classe” è metafora di movimento, di indagine e condivisione dei saperi. Significa anche dare il giusto spazio all’emotività, all’intimità, alla scoperta di sè e della propria realtà. Significa contestualizzare il sapere e cercare di agirlo.

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